Il 2018 è stato un anno positivo per il mercato dell’impiantistica per l’edilizia in Italia: 62,5 miliardi di contro valore, 3,7% in più dell’anno precedente, un piccolo “boom” grazie a cui il comparto sta guadagnando un peso sempre più rilevante all’interno del settore delle costruzioni.
Lo certificano i numeri del quinto “Rapporto congiunturale e previsionale sul mercato italiano dell’installazione impianti in edilizia”, realizzato dal CRESME in collaborazione con CNA Impianti, ANGAISA, Anima e MCE presentato a fine maggio nella sede milanese dell’UNI.
La crisi economica ha colpito meno il mercato degli impianti rispetto alle costruzioni: le proiezioni per il 2019 mostrano finalmente un superamento dei valori pre-crisi registrati nel 2008, quando il valore di mercato in Europa era di 419 miliardi di euro. Non tutte le aree crescono allo stesso modo: le performance migliori si registrano nell’Europa del Sud e dell’Est, in particolare Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria.
In tutte le macro-aree il mercato degli impianti ha acquisito un peso maggiore all’interno del settore delle costruzioni, toccando quota 30%. “Sempre di più il mondo delle costruzioni è un mondo di impianti e di servizi”, ha detto il direttore del CRESME Lorenzo Bellicini, commentando i dati.
Tra il 2008 e il 2016 le imprese di costruzione e installazione impianti sono diminuite del 6,9%: un dato significativo, che tuttavia va messo in prospettiva con quello relativo all’intero settore delle costruzioni, dove nello stesso periodo le imprese scomparse dal mercato sono state il 24%. In totale, gli occupati persi nelle altre attività di costruzioni sono stati il 41%, “solo” il 14% nel settore degli impianti.
Oggi il comparto conta circa 145mila imprese e quasi mezzo milione di addetti, più di un terzo di tutti gli occupati nell’edilizia.
Uno degli elementi più rilevanti per comprendere le potenzialità di crescita del mercato degli impianti è l’entità dello stock esistente: a fronte di 31 milioni di impianti termici installati, il 12,6% si trova in edifici costruiti prima del 1919. Il ciclo di obsolescenza del patrimonio edilizio italiano comporta una forte domanda di miglioramento qualitativo e di manutenzione.
Restano evidenti gli squilibri regionali: in molte aree del Sud Italia le abitazioni con impianto centralizzato o autonomo fisso che riscalda l’intera abitazione sono meno del 50%, a fronte di percentuali che arrivano fino al 95% nelle regioni del Nord, ma anche all’interno delle singole aree si trovano profonde differenze: in città come Milano, Siena e Matera le compravendite di abitazioni sono tornate al di sopra del picco pre-crisi, mentre in altre città assistiamo a un calo anche del 70%. “La ripresa sta determinando squilibri maggiori di quanto non abbia fatto la crisi”, commenta Bellicini.
La dinamica del mercato degli impianti è influenzata notevolmente dagli incentivi fiscali vigenti, che dal 2012 attivano 28 miliardi di euro all’anno: se confermati, garantirebbero la prosecuzione del trend in crescita fino al 2022. In caso contrario, le stime CRESME prevedono un contraccolpo grave tra il 2019 e il 2020, che determinerebbe una diminuzione di circa 5 miliardi.
A trainare il comparto degli impianti è anche una forte vocazione all’innovazione, spinta dall’attenzione per i temi del risparmio energetico e del rispetto dell’ambiente.
Per questo, come ha affermato Carmine Battipaglia, presidente di CNA Impianti, è legittimo aspettarsi che tra qualche anno le singole competenze artigiane convergeranno verso la figura di un unico attore trasversale. Dello stesso avviso anche Enrico Celin, Presidente ANGAISA: “Tra dieci anni non vedremo più furgoni con scritto ‘impresa idraulica’ o ‘impresa elettrica’, vedremo ‘impresa installatrice’. La digitalizzazione porta verso questo processo, possiamo farne parte o esserne esclusi, non c’è alternativa. Le imprese dovranno avere la capacità di integrare le competenze.”