Il Governo e la politica blocchino il tentativo di apertura indiscriminata dei vettori esteri nel territorio nazionale che praticano forme di concorrenza sleale nei confronti degli autotrasportatori italiani. Questa è la parola d’ordine della campagna avviata da CNA Fita, la categoria dell’autotrasporto della CNA.
I dati allarmanti forniti da Cna Fita, esaminati il 24 e 25 novembre nella due giorni in cui è stato analizzato il settore del trasporto merci conto terzi, parlano chiaro: negli ultimi anni l’autotrasporto Italiano ha perso importanti quote di mercato per colpa di una concorrenza con la quale è impensabile poter competere. Le imprese sono scese da 70.573 nel 2009 a 54.622 nel 2015 (-22,6%). A farne le spese le sono state soprattutto le Piccole e Medie Imprese Artigiane dell’autotrasporto che dal 2009 sono diminuite di 25.587.
Secondo i dati Eurostat la percentuale di cabotaggio in Italia è pari al 7%, ma la percezione della CNA Fita è di una sempre più marcata presenza di veicoli dell’Est Europa superiore al dato statistico europeo.
Le imprese di autotrasporto italiane, che fino al 2008 avevano un ruolo in Europa, in quasi dieci anni hanno visto perdere competitività e capacità di aggredire il mercato del trasporto internazionale, assistendo anno dopo anno ad una vera e propria invasione di operatori che stanno occupando importanti spazi nel mercato nazionale attraverso forme di cabotaggio non sempre regolare. In questi giorni si discutono a Bruxelles le sorti e il futuro delle imprese con le norme contenute nel pacchetto mobilità, è necessario che per la sopravvivenza delle imprese di un settore strategico come quello del trasporto e della logistica si adottino urgentemente misure in grado di arginare fenomeni distorsivi della concorrenza.
Non intervenire vuol dire spostare l’autotrasporto Italiano nelle mani di altri, non possiamo competere con chi in nome della libera circolazione delle merci esegue trasporti con un costo del lavoro di 8 € all’ora, con costi di gestione generalmente più bassi e una tassazione favorevole.
Gli autisti che provengono dall’Est (in particolare Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) lavorano anche 100 giorni di seguito, senza mai tornare a casa, vengono pagati circa tre volte di meno in confronto agli italiani e passano la loro vita sul camion. C’è poi l’annosa questione del non rispetto dei viaggi che oggi un vettore straniero può fare in Italia. Pochissimi rispettano la regola dei tre viaggi all’interno del Paese per poi uscire. Il giochino di restare nello Stivale «ha già messo fuori gioco quasi 20 mila ditte italiane».